Quadri e libri in mostra, insieme, come lo furono Cavallini e Bianciardi
“Ci si conobbe nell’autunno del 1954, a Milano, dalle parti di Brera, dentro un caffeuccio che poi è diventato alla moda, e anzi l’hanno anche abbellito” sono le parole con cui Luciano Bianciardi racconta il suo incontro con il pittore piombinese Furio Cavallini nei locali del Bar Jamaica. Il suo carattere “schietto” e la sua origine maremmana lo colpiscono diventando il pretesto per creare un’amicizia che durerà per circa un ventennio. Nella Milano dissennata del “miracolo” Cavallini arriva con l’intento di approfondire il suo lessico pittorico, superare la dinamica del disegno toscano e abbracciare nella sua concezione primordiale la materia e la sua dimensione informale. Si iscrive al corso di pittura dell’Accademia di Brera, mentre Bianciardi nella città lombarda amplia la sua attività di scrittore collaborando con Nuovi Argomenti e l’Unità, e firmando un contratto con la nuova casa editrice diretta da Giangiacomo Feltrinelli. L’identità toscana li accomuna, l’indole ribelle e anticonformista verso una società sempre più distratta da qualsiasi impegno sociale, perché ammaliata dai benefici effimeri del boom economico, li porta, nei rispettivi linguaggi espressivi, a puntare il dito contro la fragilità umana. Ironico e sagace, esule in una Milano dinamica e produttiva, Bianciardi ricerca nell’anima urbana la sua natura provinciale, raccontando i suoi personaggi e le sue contraddizioni, mentre Cavallini cattura i suoi tratti salienti attraverso i ritratti e gli schizzi rubati tra i vicoli e le realtà industriali.
Nel 1956 Cavallini torna in Toscana. Viene ricoverato nel sanatorio di Firenze per gravi problemi respiratori. Le ore estenuanti passate nella fabbrica di Motomeccanica di Milano, per sbarcare il lunario e pagare i debiti, lo fanno ammalare gravemente di tubercolosi. Si chiude temporaneamente la sua vita milanese, mentre il capoluogo toscano lo consacra pittore e maestro d’arte. Dopo una breve parentesi piombinese, Cavallini torna a lavorare a Firenze dove vince una cattedra di disegno, mentre a Milano, nel 1962, Bianciardi con il romanzo “La vita agra” ottiene un successo clamoroso di pubblico e critica. Tra le pagine del romanzo, lo scrittore grossetano dedica un piccolo cammeo all’artista piombinese, mentre per la presentazione di una mostra personale a Forte dei Marmi (1966) dichiara apertamente la complicità con cui, anche fuori dal contesto milanese, i due restano amici: “ogni tanto mi compare per casa all’improvviso, qua fuor di Milano dove anch’io sono scappato, e parla, racconta, discute, legge, e appena gli capita tra le mani un pezzo di carta e qualcosa che lasci il segno, attacca a dipingere”.
Amicizia che Bianciardi ribadisce in una missiva del 1970, dove dichiara a Cavallini di essere “fra i pochi a non compiangere l’uno sulla spalla dell’altro gli anni passati. No, Furio mi chiede cosa ho scritto, io gli chiedo cosa ha dipinto. Fra noi due, sono queste le sole cose che contano. Si capisce, insieme al resto, alle persone che ci vogliono bene. Con quelle, e con il nostro mestieraccio, non si lesina mai”.
Nel 1971 Bianciardi muore, mentre Cavallini torna a Milano. Cambia lo scenario, la città del boom economico cede il passo a una Milano contestatrice, scossa dalle lotte politiche. Cavallini rivolge la sua ricerca nel silenzio degli interni, offrendo agli oggetti il compito di raccontare l’assenza morale di un uomo moderno sempre più solo nel suo pessimismo esistenziale.
La mostra “Furio Cavallini, ovvero il Crazy Horse di Bianciardi, ospitata nelle sale del Polo culturale le Clarisse, dal 15 gennaio al 13 febbraio 2022, riassume, attraverso 23 opere pittoriche e grafiche realizzate da Furio Cavallini e 12 testi tratti dagli scritti di Luciano Bianciardi, un’amicizia nata e vissuta tra la dinamicità del miracolo economico e la complicità di essere esuli di una Toscana segna la loro identità espressiva e culturale.
Curata da Elisa Favilli, storica dell’arte, e Fabio Canessa, critico letterario e cinematografico, promossa dall’Associazione Culturale Giuseppe e Gina Flangini, la Fondazione Luciano Bianciardi e la Famiglia Cavallini, in collaborazione con il Comune di Grosseto, la Fondazione Grosseto Cultura e il Polo culturale le Clarisse, la mostra è il primo evento culturale con cui si dà ufficialmente inizio alle celebrazioni dei cento anni dalla nascita di Luciano Bianciardi (1922-2022).
La mostra sarà aperta gratuitamente al pubblico dal giovedì alla domenica, dalle ore 11.00 alle 13.00 e dalle 17.00 alle 19.00.
Per Info: Polo Culturale le Clarisse, Via Vinzaglio n. 27 Grosseto (GR) 58100, telefono 0564 488066 – 488067, 0564 488547, 0564 453124, email: clarissearte@fondazionegrossetocultura.it